di Robert Bernocchi,
data and business analyst
Perché il gratis ha vinto (e il cinema italiano è contento)
Da ormai alcuni anni, tra i maggiori eventi di cinema in estate (ma non solo) ci sono alcune arene gratuite.
Non c’è dubbio che presentare la nuova versione di Apocalypse Now alla presenza di Francis Ford Coppola, come ha fatto il Cinema ritrovato di Bologna, sia un evento di portata mondiale. Così come è bellissimo far vedere Il Conformista a Piazza San Cosimato con Stefania Sandrelli, che poi ne discute con il pubblico.
Stiamo solo parlando di due dei tanti eventi che hanno contrassegnato queste manifestazioni, così come è impossibile dimenticare la miriade di festival e di arene estive gratuite che fanno una ricca programmazione.
E senza trascurare il ricordo della sciagurata iniziativa del mercoledì a due euro, che ha svenduto il cinema di prima visione per sei mesi. I Cinema Days a 3 euro non generano ovviamente gli stessi problemi (anche per il loro carattere più occasionale, non più di due volte all’anno), ma questa insistenza sul prezzo basso e ‘popolare’ non aiuta molto a mandare il messaggio che il cinema per vivere e prosperare abbia bisogno di un prezzo adeguato (che rimane molto popolare, rispetto ad altre forme di intrattenimento).
Si è parlato spesso del fatto che queste manifestazioni (se sono gratuite) non proiettano film recentissimi. Ma qui a mio avviso si cade in un errore tipico di noi addetti ai lavori, che pensiamo che le nostre abitudini, ossia vedere tanti film appena escono in sala, siano la norma. La realtà è che molto spesso un film gratuito di tre anni fa per la stragrande maggioranza del pubblico è inedito e che quindi, nel confronto con un altrettanto inedito (anche se più recente, ma a pagamento) film che esce in sala, è facile ed economicamente conveniente preferire il primo.
Ma il problema, in realtà, non sono tanto queste manifestazioni, che una volta definita questa missione, spesso la portano avanti benissimo (‘Piazza San Cosimato’ e ‘Il Cinema ritrovato’ senza dubbio lo fanno).
Il punto veramente preoccupante è la visione che larga parte del cinema italiano (non solo attori e registi, quindi il lato più ‘artistico’, ma anche produttori importanti) ha di questi eventi. Il mantra che tutti ripetono è che servono per formare il pubblico (in particolare, i giovani) e per spingerlo ad abbracciare il grande schermo, con conseguenze positive anche sul consumo ‘a pagamento’.
Ma se l’obiettivo è ‘formare il pubblico’, si conferma che il nostro ambiente ha una visione del mercato un po’ complicata. Intanto, con l’idea stessa di ‘educare il pubblico’, che francamente è già molto discutibile e poco in linea con qualsiasi legge di marketing, che vorrebbe che si vada incontro ai desideri del pubblico (o, quando si è particolarmente innovativi, vendere qualcosa che il pubblico ancora non sa di volere).
Il discorso è semplice: vogliamo convincerlo così il sedicenne, facendogli capire quanto lo disprezziamo (lui e le sue abitudini, che devono cambiare per renderlo una persona migliore e ‘degno’ di vedere il cinema che amiamo)? E che valore diamo al cinema noi addetti ai lavori? Da una parte, sosteniamo che sia qualcosa di fondamentale per l’individuo, che unisce le persone, che le rende migliori. Insomma, qualcosa di straordinario e meraviglioso, che non ha eguali.
D’altro canto, non solo accettiamo che sia gratis, ma anzi riteniamo che l’offerta gratuita sia qualcosa di positivo. Ma come facciamo a trasmettere al pubblico l’idea che qualcosa di gratuito abbia un grande valore, se noi per primi ci ‘vergogniamo’ di chiedere un prezzo sostenibile e siamo orgogliosi di qualsiasi iniziativa gratuita? Siamo sicuri che, così facendo, non stiamo ‘formando’ sì un pubblico, ma che è portato sempre di più a vedere eventi culturali gratuiti o quasi?
Ma torniamo al punto vero: il discorso del ‘gratis che crea un pubblico pagante’ non regge e lo dicono, molto semplicemente, i dati. Sì, lo so, al cinema italiano piace molto di più parlare delle sue impressioni, ma ogni tanto le cifre ci servono per distinguere la realtà dalle nostre fantasie.
E le cifre dicono che i biglietti venduti nelle sale italiane sono a livelli molto bassi almeno dal 2017 (sotto i 100 milioni di biglietti da quel momento e si rischia che questo avvenga anche nel 2019). Ora, io non arrivo a dire che tra le tante proposte gratuite e la diminuzione di ingressi a pagamento ci sia un rapporto diretto. Ma sicuramente non è più sopportabile sentir dire che il cinema gratis crea consumatori a pagamento e aumenta la loro frequentazione della sale tradizionali.
Perché, semplicemente, i biglietti sono in diminuzione e a livelli bassi da tre anni, quindi questa (molto presunta) influenza positiva non esiste, se non nell’immaginazione utopistica di qualcuno, che ovviamente non si preoccupa minimamente di trovare prove oggettive al suo discorso.
E dove proprio non si vede un’influenza positiva è nel cinema d’autore. In effetti, le rassegne che riempiono la penisola, soprattutto d’estate, dovrebbero servire a ridestare l’amore del pubblico per il cinema meno ‘massificato’ e ‘blockbusterizzato’. Sfido chiunque a fornirmi dei dati positivi in questo senso, a cominciare dalla situazione delle case di distribuzione e delle sale che si occupano di cinema d’essai. Almeno, quelle che ancora non hanno chiuso i battenti…
Ucca ringrazia sentitamente l’autore per la gentile concessione.
Per la lettura dell’intervento integrale si invita a visitare https://cineguru.screenweek.it