Feritoie

Feritoie

di Michela Sartini

Anno: 2021

Paese: Italia

Durata: 19’

Nella prima periferia bolognese c’è una fabbrica speciale. Tra le mura ricoperte di ritratti e scritte Gianluca, Alberto, Hannane, Christian, Sergio, Panda e Paolo vanno a lavorare. Sono educatori e beneficiari di un progetto della cooperativa Arca di Noè, che ha l’obiettivo di inserire lavorativamente persone con varie forme di disabilità. 

Insieme a loro ci addentriamo nella quotidianità della fabbrica segnata non solo dalla routine lavorativa ma anche da un’attenzione ed una cura speciale verso ciascuna persona. Se in apparenza la fabbrica è uguale a tantissime altre, nel corso del racconto si farà progressivamente conoscenza dei vari protagonisti che la animano e della centralità di ogni persona, il vero perno su cui ruota l’operato della fabbrica.

FUORICAMPO

Introduzione

Con Fuori Campo – Filmmaker per il sociale Arci Movie e UCCA hanno realizzato una residenza artistica, sostenuta dal Ministero della Cultura e da Siae nell’ambito del programma Per chi crea, che si è svolto nella prima parte del 2021 tra Napoli e Bologna.

L’obiettivo della residenza era selezionare 6 filmmakers under 35 che partecipassero ad un preliminare percorso formativo per poi raccontare 6 realtà del Terzo Settore presenti nelle due città, attraverso la realizzazione di brevi documentari. Per far ciò è stato lanciato un bando nazionale con cui sono stati scelti 6 autori e autrici provenienti da diverse zone del paese. Al tempo stesso è stata implementata una rete ampia di collaborazioni con 6 enti del privato sociale che fossero disponibili ad ospitare i filmmakers: a Napoli le associazioni ‛Figli in Famiglia’, ‘Traparentesi Onlus’ e il collettivo teatrale ‘F.pl. Femminile plurale’; a Bologna la cooperativa sociale ‘Arca di Noè’, il birrificio ‘Vecchia Orsa’ e il collettivo teatrale ‘Cantieri Meticci’.

La squadra di docenti e tutor di formazione è stata guidata dal regista Daniele Gaglianone, che ha curato la parte formativa e supervisionato la produzione delle opere, con la partecipazione del regista Nazareno M. Nicoletti, del Direttore del Terra di Tutti Film Festival Jonathan Ferramola, e del team di SMK Videofactory.

L’esito di Fuori Campo è una serie di opere di cui presentiamo, quest’anno, 3 cortometraggi e 1 mediometraggio, i quali offrono uno spaccato interessante delle realtà sociali coinvolte nella residenza, restituendo con linguaggi e approcci differenti una fotografia dell’attualità legata anche al momento complicato che attraversa il nostro paese in conseguenza della pandemia.

ANTONIO BORRELLI
Coordinatore Fuori Campo – Filmakers per il sociale

Madrefiglio

Madrefiglio

di Luca Lanzano

Anno: 2021

Paese: Italia

Durata: 20’

Madrefiglio è l’intreccio di due storie: Sandra e Giosuè, Nely e Christian. Paesi, culture e vissuti diversi accomunati dalla visceralità del legame che c’è tra madri e figli. Vissuti legati da precarietà e grandi assenze: quelle paterne. Dalla lotta di chi deve crescere e deve far crescere in un contesto completamente diverso dalle proprie origini, come Napoli, alla continua ricerca di stabilità economica e d’integrazione. Madrefiglio è una messa a fuoco su bisogni, difficoltà, sofferenze e relazioni per fare emergere tra le due storie una similitudine e un bisogno universale profondamente umano.

FUORICAMPO

Introduzione

Con Fuori Campo – Filmmaker per il sociale Arci Movie e UCCA hanno realizzato una residenza artistica, sostenuta dal Ministero della Cultura e da Siae nell’ambito del programma Per chi crea, che si è svolto nella prima parte del 2021 tra Napoli e Bologna.

L’obiettivo della residenza era selezionare 6 filmmakers under 35 che partecipassero ad un preliminare percorso formativo per poi raccontare 6 realtà del Terzo Settore presenti nelle due città, attraverso la realizzazione di brevi documentari. Per far ciò è stato lanciato un bando nazionale con cui sono stati scelti 6 autori e autrici provenienti da diverse zone del paese. Al tempo stesso è stata implementata una rete ampia di collaborazioni con 6 enti del privato sociale che fossero disponibili ad ospitare i filmmakers: a Napoli le associazioni ‛Figli in Famiglia’, ‘Traparentesi Onlus’ e il collettivo teatrale ‘F.pl. Femminile plurale’; a Bologna la cooperativa sociale ‘Arca di Noè’, il birrificio ‘Vecchia Orsa’ e il collettivo teatrale ‘Cantieri Meticci’.

La squadra di docenti e tutor di formazione è stata guidata dal regista Daniele Gaglianone, che ha curato la parte formativa e supervisionato la produzione delle opere, con la partecipazione del regista Nazareno M. Nicoletti, del Direttore del Terra di Tutti Film Festival Jonathan Ferramola, e del team di SMK Videofactory.

L’esito di Fuori Campo è una serie di opere di cui presentiamo, quest’anno, 3 cortometraggi e 1 mediometraggio, i quali offrono uno spaccato interessante delle realtà sociali coinvolte nella residenza, restituendo con linguaggi e approcci differenti una fotografia dell’attualità legata anche al momento complicato che attraversa il nostro paese in conseguenza della pandemia.

ANTONIO BORRELLI
Coordinatore Fuori Campo – Filmakers per il sociale

Man Kind Man

Man Kind Man

di Iacopo Patierno

Biografilm 2021 (Premio del Pubblico), Cinemambiente 2021

Anno: 2020

Paese: Italia

Durata: 80’

Man Kind Man è la testimonianza di chi lotta contro un fluire degli eventi che sembra inarrestabile.
Due tartarughe marine, dopo essere state ritrovate spiaggiate nel litorale laziale, sono trasportate d’urgenza nell’ospedale delle tartarughe marine Anton Dohrn di Portici. Mentre le due tartarughe vengono curate, con la speranza di essere liberate in primavera, nel golfo di Napoli Luca raccoglie della sabbia e cerca di pulirla dalla terra lasciata da una gara di motocross; è la materia con cui realizza i suoi quadri. Una pagaia entra nelle acque cristalline del fiume Sarno. È Aniello che spinge il suo kayak verso i primi scarichi abusivi; Franco contempla il mare e raccoglie due petali di plastica trovati in spiaggia. È tutto vero o sono le due tartarughe che sognano?

Note di regia

“Era da tanto tempo che desideravo fare un film sul mare. Negli anni ho visto la plastica accumularsi e aumentare sempre più e stava diventando un’ossessione: mi sentivo frustrato e impotente. Una volta mentre ero in apnea mi sono ritrovato circondato da tanti piccoli coriandoli di plastica, io provavo ad afferrarli ma mi sfuggivano dalle mani, ancora e ancora. In quel momento è scattato qualcosa dentro di me e ho deciso che dovevo fare un film sul mare per raccontare quello che stava accadendo. Il mio lavoro è comunicare emozioni, trasmettere sentimenti, mostrare il mondo attraverso quello che osservo e così nel 2014 sono iniziate le riprese. L’ho girato completamente da solo, perché era diventato qualcosa di molto personale”.

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Futura

Futura

di Pietro Marcello, Francesco Munzi, Alice Rohrwacher

Festival di Cannes 2021 (Quinzaine des Réalisateurs), Toronto, New York Film Festival

Anno: 2021

Paese: Italia

Durata: 105’

Futura è un’inchiesta collettiva svolta da Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher che ha lo scopo di esplorare l’idea di futuro di ragazze e ragazzi tra i 15 e i 20 anni incontrati nel corso di un lungo viaggio attraverso l’Italia.  Un ritratto del Paese osservato attraverso gli occhi di adolescenti che raccontano i luoghi in cui abitano, i propri sogni e le proprie aspettative tra desideri e paure. Ma chi sono questi giovani? Sono coloro che non sono più bambini, ma che non sono ancora adulti, coloro che sono impegnati nell’arduo compito del diventare adulti, una sorta di creature sovrannaturali. Sono i divenenti. Cosa diventeranno? Quanto ci riconosciamo nei giovani, oggi?

Note di regia

 “Ci siamo incontrati alla fine del 2019 con la voglia di realizzare un film insieme. A tutti noi è stato chiesto, nel corso della nostra carriera, di partecipare a lavori collettivi realizzando l’episodio di un progetto comune. La realizzazione di un singolo episodio pone tuttavia un grande limite alla possibilità di vivere un’esperienza di vera condivisione. Per noi lavorare insieme significa soprattutto guardare il lavoro dell’altro. Per questo, fin dal primo incontro, la nostra idea è stata quella di realizzare un’opera autenticamente collettiva, in cui la collettività fosse messa al servizio di un progetto organico. Da questo desiderio nasce Futura, un lavoro condiviso che ha lo scopo di raccontare i giovani italiani e tratteggiare, attraverso i loro occhi e le loro voci, un affresco del Paese. Un film di sentimento che attraverso gli adolescenti ci restituisce come in uno specchio l’immagine di noi adulti. Futura non è un film di osservazione e non è propriamente inscrivibile in quella vasta produzione definita cinema della realtà. Si tratta di un reportage nella sua forma più nobile. Nel realizzarlo ci siamo messi a servizio delle storie, subordinando il nostro ruolo di registi a quello di testimoni ed esecutori con l’intento di produrre un materiale filmico da raccogliere in una sorta di archivio del contemporaneo”.

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Allons Enfants

Allons Enfants

di Giovanni Aloi

Venezia 77 (Orizzonti)

Anno: 2020

Paese: Francia

Durata: 92'

Parigi, oggi. Léo è un giovane militare appena uscito dal corso di addestramento. Viene assegnato ad una caserma parigina da dove ogni giorno partono missioni di pattuglia e sorveglianza sulle strade della capitale, a difesa di obiettivi sensibili. Il loro compito è aspettare, aspettare un conflitto intangibile in cui nessuno è il nemico o forse tutti lo sono, in cui il pericolo può arrivare da qualsiasi parte e da qualsiasi persona. Oppure non arrivare mai. Ricevuto l’ordine di assicurare che una grande manifestazione antigovernativa non debordi dai limiti assegnati, Lèo è risucchiato nel mezzo di una folla furiosa. Quella che doveva essere una giornata come tutte le altre si trasforma in un caos di insoddisfazione, rabbia e paure di una generazione che vuole rivendicare i propri diritti. La pressione e la furia impotente che cresce da settimane sta per esplodere…

Note di regia

“Qualche anno fa, la Francia è “andata” in guerra contro il terrorismo. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza nel paese, siamo cresciuti abituandoci ad incontrare pattuglie di soldati con mitragliatrici in mano nelle vie della nostra città, più o meno quanti ne incontreresti in una nazione in guerra. Dire che “siamo cresciuti abituandoci” è una bugia. Incontrare tre soldati con fucili d’assalto ed una cinta di munizioni è qualcosa a cui non riesci ad abituarti, non io almeno.
La Terza Guerra è una guerra che magari inconsapevolmente noi stiamo combattendo. Una nuova
tipologia di guerra, non più di trincee, ma di potere. La tensione che accompagna il film viene da questa presa di coscienza: nessuno di noi sa esattamente che forme ha una guerra. Tutti noi abbiamo sicuramente visto immagini di scenari bellici, abbiamo visto film su questo tema, l’abbiamo vista sui notiziari, ma quale è davvero la “giusta” immagine di guerra?”

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L’occhio di vetro

L'occhio di vetro

di Duccio Chiarini

Festival dei Popoli 2020 (Premio Miglior Doc Italiano)

Anno: 2020

Paese: Italia

Durata: 86'

26 aprile 1945. Ferruccio Razzini, un ragazzo di quindici anni figlio di un eroe della Prima Guerra Mondiale, si ritrova a combattere tra le fila degli ultimi difensori della Repubblica di Salò. Ne scrive giorno per giorno in un diario in cui racconta anche i destini delle due sorelle maggiori, Liliana e Maria Grazia, sposate l’una a un fascista l’altra a un partigiano comunista. Il ragazzo è un vecchio zio del regista che, guidato da quel diario inizia, una ricerca nel passato della sua famiglia.

Note di regia

“Non ricordo esattamente il giorno in cui, bambino, venni a sapere che i miei nonni materni erano stati fascisti; né tantomeno ricordo come venni a saperlo, ma ricordo perfettamente il giorno in cui, ormai adolescente, mi resi conto di quello che ciò significava. Quel giorno la parola fascismo uscì dai libri di scuola e si frappose come nebbia tra me e le persone più amate, rendendo improvvisamente torbido tutto ciò che per anni era stato cristallino.  Del ventennio, in casa di mia madre, non si parlava mai: eppure, più quella parola veniva rimossa dalle conversazioni di casa, più essa diventava un’ambigua e inquietante presenza familiare. Negli anni quell’ambiguità divenne più profonda e lacerante. Per anni ho tentato di abbattere quel muro, ma né le mie provocazioni di ventenne né i ragionamenti di trentenne sono mai riusciti a colmare quella distanza; è stato purtroppo solo dopo la morte dei miei nonni che sono riuscito a fare luce su quegli anni, ricomponendo in questo documentario i tasselli di un’intricata storia di famiglia”.

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Naviganti

Naviganti

di Daniele De Michele

Venezia 78 – Giornate degli Autori

Anno: 2021

Paese: Italia

Durata: 61’

Artisti disperati, squattrinati, fragili e con un evidente senso di inutilità, che provavano a farcela… Quando nell’agosto del 2020 tutto riaprì, dopo mesi di confinamento in casa, gli artisti furono gli unici a non riprendere normalmente il loro lavoro. Nel tempo di un anno e mezzo, dentro e fuori il lockdown, Donpasta racconta la sua quotidianità intrecciata a quella di una scenografa disoccupata, un musicista senza spettacoli, un contadino poeta. Erano dei sopravvissuti che avevano bisogno di un’idea per uscire dalle acque torbide e fu così che divennero i Naviganti.

Note di regia

“Questo film ha una debolezza che è la sua forza. Non era possibile scriverlo in anticipo. Si scriveva mentre le cose accadevano al mondo e alla gente.  Ho seguito i protagonisti per un anno e mezzo, per capire come sarebbe cambiato il mondo e come, di conseguenza, le loro vite.  Quando chiusero tutto la prima volta avevo la netta percezione che per gli artisti e i lavoratori dello spettacolo nulla sarebbe stato più lo stesso.  Lo stavo vivendo sulla mia pelle, seduto sul divano, dopo venti anni passati a fare spettacoli in giro per il mondo.  Lo sentivo sulla pelle delle centinaia di artisti con cui ho condiviso palchi e progetti. Avevo paura, per me e per loro…”

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Game Of The Year

Game of The Year

di Valerio Jalongo

Biografilm 2021 (Miglior Doc Italiano), Annecy Cinéma Italien

Anno: 2020

Paese: Italia

Durata: 98’

Il mondo dei videogiochi in Italia raccontato attraverso le storie dei creatori, dei giocatori professionisti e di chi ne parla sulle piattaforme di streaming. Sotto la lente di questo lavoro si snoda un mondo complesso, che coinvolge sviluppatori, giocatori professionisti, content creators: Redaelli ci porta a contatto con le aspirazioni, le sfide e le pressioni dell’industria dell’intrattenimento. Game of the Year svela gli aspetti della la vita dei giovanissimi enfant prodige così come quella degli autori o dei giocatori più scafati che decidono di dedicare la vita a questa forma d’arte. Tra l’aspirazione al successo e le possibili rovine individuali questo documentario d’osservazione diventa un vero e proprio ritratto generazionale.

Note di regia

“La scelta di raccontare il videogioco nasce dal mio desiderio di diffondere la divulgazione di un medium che viene quasi tenuto nascosto nell’ambito più popolare e mainstream, nonostante sia la culla dei nuovi autori, muova miliardi di dollari, e in Italia tocchi il 43% della popolazione. Il fatto è che bisogna smetterla di pensare al videogioco come a un “linguaggio minore” o come a un mercato di nicchia, per cui spero che Game Of The Year riesca a raccontare una buona parte delle sfumature che presenta questo grande mondo”.

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Spin Time – Che fatica la democrazia

Spin Time | Che fatica la democrazie

di Sabina Guzzanti

Venezia 78 - Giornate degli Autori

Anno: 2021

Paese: Italia

Durata: 92’

Il protagonista del racconto è un palazzo occupato di 17mila metri quadri, famoso per l’intervento dell’elemosiniere del Papa, in cui è in atto un esperimento politico e sociale. Ci sono delle votazioni che vengono continuamente rimandate e c’è uno spettacolo con regole e finalità del tutto particolari. Questi due plot interagiscono fra loro in modo inaspettato, anche per chi ha pensato il film, e consentono di conoscere una realtà di cui mai avremmo immaginato l’esistenza, che sembra insieme lontana e tanto familiare.

Note di regia

“Uno slogan per pubblicizzare Spin Time potrebbe essere “i poveri come non li avete mai visti”. La voce narrante, molto personale, porta lo spettatore a fare un’esperienza simile a quella dell’autrice, che nel realizzarlo ha visto dissolversi molti dei suoi pregiudizi. I 450 occupanti di Santa Croce, che all’inizio percepiamo come una massa infelice e aliena, diventano sempre più simili a noi. Una realtà parallela che ci ricorda il nostro condominio o il parlamento. Il mondo degli invisibili, quelli colpiti dalla sventura che scansiamo come se potesse essere contagiosa, qui non si presentano come vittime, ma nel tentativo encomiabile per quanto spesso fallimentare, di vivere in modo dignitoso, riconoscendosi come soggetto politico e capace di esprimere una propria cultura. E il tema principale del film riguarda proprio la funzione della cultura in una democrazia”.

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Io resto

Io resto

di Michele Aiello

Biografilm 2021 (Miglior Doc Italiano), Visions du Réel

Anno: 2020

Paese: Italia

Durata: 81’

Una videocamera accede, in via eccezionale, ai reparti dell’ospedale pubblico di una delle città che sta drammaticamente soffrendo il primo picco pandemico del COVID-19.
E’ un delicato esercizio di osservazione, che coglie con rispetto l’instaurarsi di nuove relazioni tra pazienti e personale sanitario, rese necessarie dalla pandemia e che mostrano un estremo bisogno comune, il calore umano.
Anche se a volte è doloroso, il film entra in empatia con le paure dei malati e con l’ascolto professionale ma accorato di medici e infermieri, rimanendo in una dimensione intima, lontana dal voyeurismo, dall’apologia dell’eroismo e da un’angosciosa rappresentazione mediatica.

Note di regia

“Quando la pandemia ha colpito l’Italia e gli ospedali hanno cominciato a fronteggiare la prima grande ondata di pazienti, ho pensato alle tante instancabili lavoratrici che rappresentano un punto di riferimento prezioso per la loro comunità. Da lì è cresciuto il desiderio di raccontare un certo tipo di rapporto nella cura, non solo sanitario ma di sincero trasporto.
Per questo motivo non volevo ritrarre il personale sanitario come un eroe impersonale, come montava nella grande narrazione mediatica. Piuttosto, mi interessava cogliere l’essenza di alcuni momenti capaci di raccontare, con piccoli gesti, i grandi dilemmi dell’umanità in un momento storico così importante per tutti. In particolare, mi interessava il punto di vista di persone normali nella condizione obbligata di dover lavorare in condizioni eccezionali, senza un tornaconto personale”.

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