‘La scomparsa di mia madre’ vince il Premio Ucca L’Italia che non si vede

BIOGRAFILM

di Roberto Roversi

‘La scomparsa di mia madre’ vince il Premio Ucca L’Italia che non si vede

È stata un’edizione ricchissima e intensa, la 15^ del Biografilm Festival – International Celebration of Lives che si è appena conclusa a Bologna.

I numeri sono impressionanti: 109 i film presentati, 73 le anteprime nazionali, 27 le opere prime, oltre 150 gli ospiti italiani e internazionali, tra cui vanno segnalati almeno un maestro del cinema contemporaneo quale Werner Herzog e l’attore forse più iconico del cinema francese, Fabrice Luchini.

Restando ai numeri, è il 3° anno consecutivo che Ucca è partner del Festival bolognese, dove tiene il proprio Consiglio nazionale (quest’anno sdoppiato in due lunghe sessioni per il numero e la complessità dei temi all’ordine del giorno) e soprattutto assegna un premio ufficiale al miglior documentario italiano, destinato ad entrare nella prossima rassegna itinerante L’Italia che non si vede.

All’interno di una sezione stimolante, composta di 10 titoli inediti per il nostro Paese, la giuria Ucca, formata da Chiara Malerba, Sabrina Milani e Angela Petruzzelli, ha optato all’unanimità per La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese, che aveva avuto la sua prima mondiale al Sundance nello scorso gennaio.

Il film ritrae Benedetta Barzini, uno dei volti più significativi della moda italiana e internazionale degli anni Sessanta, a 75 anni, stanca dei ruoli in cui la vita l’ha costretta e decisa a lasciare tutto per raggiungere un luogo lontano, dove non essere mai più trovata.

Cresciuta in una famiglia dell’alta borghesia milanese (il padre Luigi era inviato del Corriere della Sera, la madre era Giannalisa Feltrinelli), esordisce nella moda in modo assolutamente casuale, venendo notata in una via di Roma dalla direttrice di Vogue Italia. È sufficiente l’invio di una fotografia alla casa madre a New York, all’attenzione della caporedattrice Diana Vreeland, per iniziare, a vent’anni, la carriera di modella con un servizio fotografico di Irving Penn.

Avrebbe dovuto restare 10 giorni, vi rimane 5 anni. Un lustro in cui, davanti all’obiettivo di Bert Stern e Richard Avedon, con il suo volto segnato, antico, diventa la sofisticata interprete di quel look esotico-mediterraneo che tanto piaceva agli americani, diventando top model di tutti i massimi fashion-brand dell’epoca e instaurando rapporti di amicizia con Andy Warhol e Salvador Dalì.

Ma questa è solo la prima vita di Benedetta Barzini.

Nonostante il successo, l’insoddisfazione di essere considerata solo una pretty face è già presente nel suo animo. «È stato a quel punto che ho capito che la bellezza è una seccatura». Rientrata in Italia negli anni Settanta, lascia l’attività di modella, diventa attivista dell’estrema sinistra e inizia a lottare per l’uguaglianza di genere e contro la mercificazione del corpo femminile. Inizia una carriera di giornalista militante e, a partire dagli anni Novanta, insegna antropologia della moda con un approccio radicalmente femminista e anticapitalistico. «Perché l’imperfezione dà tanto fastidio?», la sentiamo chiedere ai suoi studenti universitari (in maggioranza donne) in una scena del documentario.

Per questo il figlio Beniamino Barrese vuole realizzare un film su di lei, che possa tramandarne la memoria, ma anche aiutarla ad afferrare la libertà che cerca, nel tentativo di ritrovare sua madre e insieme di lasciarla andare. Paradossalmente di testimoniare con una videocamera il suo rifiuto di quelle immagini che l’hanno accompagnata, inseguita e spesso perseguitata.

Un film che vive su questa dialettica e trova i suoi momenti più riusciti proprio nell’ incontro/scontro, spigoloso e delicato, tra un figlio e una madre.

Un’opera emozionante, che va ad aggiungersi ad altri titoli importanti già selezionati per l’edizione 2019/20 dell’Italia che non si vede, da Normal di Adele Tulli, a Selfie di Agostino Ferrente a Dafne di Federico Bondi, tre film presentati con successo all’ultima Berlinale.

Venezia 76, tra Joker e Caligari

VENEZIA 76

di Antonio Borrelli,

vicepresidente Ucca

Venezia 76, tra Joker e Caligari

In un’offerta ampia ed eterogenea, due opere hanno lasciato una traccia importante

La Mostra del Cinema di Venezia si avvia verso la chiusura di questa 76esima edizione che sta registrando un’affluenza di pubblico incredibile, indice del grande lavoro di riposizionamento sullo scenario internazionale, curato dal Direttore Alberto Barbera.

In un’offerta come sempre ampia ed eterogenea, con una particolare attenzione anche al cinema del reale, due opere hanno lasciato una traccia importante, molto diverse, realizzate con risorse agli antipodi e con fini opposti, ma che, forse, presentano qualche elemento di comunanza.

Si tratta del film evento Joker di Todd Philips e del documentario Se c’è un’aldilà sono fottuto di Simone Isola e Fausto Trombetta. Cosa possono mai avere in comune un’opera hollywoodiana con budget milionario e un’altra indipendente su uno degli artisti più sfortunati del cinema italiano?

Partiamo da Joker. C’era una grandissima attesa, cresciuta sempre più sia per le notizie che provenivano dal set, sia per la scelta di utilizzare uno degli attori più versatili e talentuosi dei nostri tempi come Joaquin Phoenix. Soprattutto, però, l’hype era generata dall’idea di focalizzarsi du uno dei villain più attraenti di tutta la storia dei fumetti, quel Joker proveniente dall’universo di Batman, raccontatoci in passato da autori del calibro di Tim Burton e Christopher Nolan.

Insomma, la pressione sulle spalle di Phillips e di Phoenix era tanta e in molti erano pronti a un crudele cecchinaggio alla prima esitazione.

Invece, Joker si è rivelato un film di rara profondità, un anomalo cinecomics che incrocia una tortuosa strada autoriale, scegliendo l’attenzione su un dispositivo narrativo classico, ma curato in ogni dettaglio.

La Gotham City del film è una città meno cupa di quelle viste in passato, molto vicina ad una New York degli anni ’70, in cui l’oscurità sembra nascere e crescere con la progressiva emarginazione sociale, che relega sullo sfondo chi non è in grado di reggere il ritmo di un mondo spietato.

Arthur Fleck è un disadattato che prova a sbarcare il lunario lavorando come clown per un’agenzia, in attesa di poter presentare al pubblico i suoi numeri da cabarettista. Arthur ha grandi problemi psichiatrici, avrebbe bisogno di essere aiutato e sostenuto, ma la solitudine e la miseria della sua esistenza finiranno per essere acuite e portate all’estremo da una società malata ed egoistica, fino poi ad una esplosione psicotica incontrollabile.

É così che il seme della follia finisce per germogliare in un contesto sociale di marginalizzazione dell’individuo, dove le tensioni sono palesi e la rabbia collettiva monta fino poi a liberarsi senza freni e oltre ogni regola nell’escalation finale.

Un plauso enorme va a Joaquin Phoenix e al suo fragile, umano e oscuro Joker, un’interpretazione eccellente, non solo per il famoso ghigno conosciuto dalla notte dei tempi, ma soprattutto per la capacità di rendere alla perfezione le molteplici sfaccettature di un’anima fragile e in pena che entra progressivamente in un tunnel senza uscita. Tirando le somme, siamo dalla parte del Leone d’Oro o giù di lì.

Di tutt’altro tenore il racconto commosso della vita di Claudio Caligari in Se c’è un aldilà sono fottuto. Isola e Trombetta sono riusciti a mettere su un impianto narrativo che punta al cuore, spostandosi avanti e indietro nel tempo a partire dal backstage dell’ultimo set diretto dal grande autore piemontese, quello di Non essere cattivo, visto a Venezia nel 2015, colpevolmente ‘fuori concorso’, 3 mesi dopo la scomparsa di Caligari. Un grande affresco corale chiama in causa coloro che hanno lavorato con lui, che lo stimavano e che gli erano vicini, a partire dal compianto Marco Ferreri, da Marco Risi e dal figlio putativo Valerio Mastandrea, che tiene le file della narrazione.

Il documentario ci porta così dentro il lungo percorso del cineasta di Arona, cominciato negli anni ’70 con l’enorme interesse per i movimenti di protesta e la sua infinita curiosità nell’approcciarsi alla parte più sporca, grezza, ma, al tempo stesso, forse più pura della società, per costruire una sua personale poetica di matrice pasoliniana.

Emerge in questo modo un ritratto di una persona colta e riservata, con un grande sconfinato amore per il cinema e coerente fino in fondo con le proprie idee e propri valori. Contemporaneamente risalta anche la grande ipocrisia che imperversa in quello stesso mondo del cinema di cui Caligari faceva parte.

Dopo la scandalo del crudo Amore tossico, presentato a Venezia nel 1983, anche con grande riscontro di critica e diversi premi, Caligari fu, infatti, vittima di una censura senza precedenti, che di fatto gli impedì di realizzare almeno altri 10-15 film, con la conseguenza che, alla fine, il suo lascito si ferma a soli tre film.

Un boicottaggio diffuso, a causa del quale, in pratica, il settore della produzione cinematografica finì per mettere al bando uno dei più importanti autori di quei tempi, pregiudicandone in modo irreparabile la carriera.

É proprio in questo aspetto del film che c’è un richiamo alla vicenda di Arthur Fleck, almeno per quel che concerne la marginalizzazione sociale di cui entrambi sono vittima in maniera feroce.

Anche se poi, nel caso del personaggio dei Dc Comics, ciò porta alla pazzia e alla costruzione di una sua nuova normalità, una ‘rinascita’ nel segno della violenza più efferata, mentre nella vicenda di Caligari, invece, la conseguenza è una dolorosa rimozione della sua figura dal panorama cinematografico italiano, che il grande regista accetta quasi come se fosse un destino ineluttabile al quale andare incontro.

Mondovisioni e L’Italia che non si vede: rassegne itineranti a Piacenza con Ucca e Internazionale

RASSEGNE

di Piero Verani

MONDOVISIONI E L’ITALIA CHE NON SI VEDE: RASSEGNE ITINERANTI A PIACENZA CON UCCA E INTERNAZIONALE

Piacenza aspetta l’arena cinematografica estiva con una serie di film in prima visione. Selezionati dalle rassegne Mondovisioni – I documentari di Internazionale e L’Italia che non si vede di Ucca, gli otto film in programma costituiscono un’occasione importante per sensibilizzare le persone su temi di stretta attualità e mettere al centro la sala come luogo principe per la fruizione cinematografica in un’epoca nella quale appare sempre più difficile far uscire di casa le persone per guardare un film, se non si tratta di Checco Zalone o degli Avengers.

L’iniziativa si inserisce nel progetto Gioia al Cinema del Liceo ‘Melchiorre Gioia’ di Piacenza, scuola con oltre 1500 studenti tra gli indirizzi classico, linguistico e scientifico, ed è sostenuto da fondi del Miur e del Mibac attraverso una bando pubblico. L’associazione Cinemaniaci ha collaborato alla progettazione puntando all’esperienza della visione in gruppo.

In cartellone abbiamo inserito storie che gettano luce, senza troppi filtri, su tematiche che ci riguardano da vicino, su un’Europa e un mondo pieni di contraddizioni: dalla riflessione su una parola fondamentale come ‘democrazia’ al viaggio in uno dei paesi più profondamente in crisi, il Venezuela, dalla corrispondenza di due reporter del Sunday Times nella Siria annichilita dalle bombe al ricordo della guerra del Vietnam, dalle pericolose onde nel Mediterraneo al degrado sociale delle periferie, dagli Usa alla Norvegia… si tratta di un percorso narrativo legato a doppio filo con l’impegno civile. Tra i tanti prodotti di grande interesse, va segnalato l’unico film di finzione in programma: Un giorno all’improvviso di Ciro D’Emilio con una straordinaria Anna Foglietta. Uno spaccato di realtà intenso, di formazione, amaro, che non fa davvero sconti.

Le proiezioni saranno aperte a tutti, dunque non solo agli studenti, con l’unica differenza che nei cinema ci sarà un biglietto di ingresso, mentre nel cortile del liceo gli spettacoli saranno a ingresso libero.

Una distinzione minima, dato che il biglietto che gli esercenti hanno accettato di fare (flat, uguale per tutti) è di soli 3 €. Ma è giusto, riteniamo, distinguere tra la proiezione di qualità professionale delle sale cinematografiche e quella della scuola, non in DCP (il formato dei film per i cinema).

Quest’anno hanno accettato di collaborare il Politeama, con una delle sue tre sale in centro città, di cui una davvero imponente con i suoi 900 posti, e il Jolly di S. Nicolò, gloriosa monosala Fice. Il primo appuntamento è previsto mercoledì 15 maggio con la proiezione di Alt-Right: Age of Rage che vede protagonista l’estrema destra americana contemporanea. Proseguiamo nei mercoledì di fine maggio nei cinema, mentre gli altri titoli saranno proiettati nel cortile del Liceo Gioia nei martedì e giovedì di giugno, fino al 18, data della proiezione di Un giorno all’improvviso, vera anteprima dell’Arena Daturi, che curiamo con Arci Piacenza.

Tutti gli spettacoli saranno introdotti al pubblico da brevi presentazioni a cura di studenti delle scuole superiori e di giovani componenti dell’associazione Cinemaniaci. L’iniziativa vede la media partnership di Editoriale Libertà con giornale, tv e web.

Il programma completo è disponibile sul sito web cinemaniaci.org con sinossi, foto e trailer dei film.

Ennesimo Contest

CONTEST

di Ennesimo Film Festival

Ennesimo Film Festival e Scarabeo Entertainment
lanciano Ennesimo Contest

3mila euro in palio 

Dopo il successo dell’Ennesima Borsa di Studio che ha portato alla produzione del cortometraggio Salse Connection girato da Francesco Barozzi e Natalia Guerrieri alle Salse di Nirano, Ennesimo Film Festival torna al fianco degli autori under 35 con un nuovo contest insieme a Scarabeo Entertainment che ne ha sostenuto idea e montepremi.

Sceneggiatori, registi e case di produzione potranno infatti partecipare da oggi fino al 15 luglio all’Ennesimo Contest realizzato da Ennesimo Film Festival e Scarabeo Entertainment. I partecipanti dovranno inviare la propria idea per girare un video promozionale della durata massima di 60 secondi del Museo Bertozzi e Casoni di Sassuolo (Mo). Il Museo, situato all’interno della Cavallerizza Ducale restaurata grazie all’intervento di Franco Stefani e dello Studio Pincelli, è la prima mostra permanente d’arte contemporanea dedicata alla ceramica. All’interno sono infatti raccolte le opere di Bertozzi e Casoni che dagli anni Ottanta utilizzano la ceramica come esclusivo mezzo espressivo a fini scultorei arrivando ad esporre in musei e gallerie.

«Siamo molto contenti della collaborazione intrapresa con Scarabeo Entertainment che ha dato vita a questo nuovo contest – spiegano Federico Ferrari e Mirco Marmiroli, organizzatori dell’Ennesimo Film Festival – che darà l’opportunità a un giovane sceneggiatore o regista di poter vincere il premio in palio di 3000 euro per continuare a coltivare la propria passione. Il Contest si inserisce appieno nelle attività che stiamo portando avanti in questi anni che mirano alla promozione del territorio e alla creazione di nuove opportunità di crescita per l’intera comunità. Dopo aver reso possibile la produzione del primo cortometraggio girato a Fiorano Modenese, questo Contest contribuisce a provare a rendere il nostro territorio appetibile anche per nuove imprenditorialità, tra cui appunto la produzione cinematografica».

«Nuove collaborazioni, nuove partnership locali dal respiro internazionale. È questo lo spirito e l’approccio che come Direzione Artistica desidero portare avanti con il team Scarabeo Entertainment – spiega Alessandra Stefani Founder & Art Director Scarabeo Entertainment srl – che ci vede impegnati in diversi progetti culturali e artistici. L’energia impiegata è sostanziosa, vorticosa e collaborativa. Nuove idee prendono vita ogni giorno, lieti di poter premiare il vincitore di Ennesimo Contest nella cornice della 3 giorni del Festival della Filosofia durante i quali il Museo esporrà un’opera d’arte dirompente, ad oggi top secret al pubblico, degli artisti Bertozzi e Casoni».

La partecipazione al Contest è gratuita e ogni autore potrà presentare più di un’idea. Saranno ammesse soltanto idee originali scritte in lingua italiana o inglese. Il vincitore, che sarà scelto da una Giuria costituita da Scarabeo Entertainment, dovrà realizzare il video promozionale entro il 10 settembre 2019.

Info, bando e regolamento su contest.ennesimofilmfestival.com

A Lecce la quinta edizione di Sabir

FESTIVAL

di Ucca

A LECCE LA QUINTA EDIZIONE DI SABIR

Dal 16 al 19 maggio il Festival delle culture mediterranee, per la prima volta in Puglia

Quest’anno il Festival Sabir si terrà a Lecce dal 16 al 19 maggio. Dopo le edizioni di Lampedusa nel  2014, Pozzallo nel 2016, Siracusa nel 2017 e Palermo nel 2018, il Festival per la sua quinta edizione approda per la prima volta in terra pugliese.

“Sabir” è stata nell’ottocento e fino all’inizio del secolo scorso, la lingua meticcia parlata dai marinai nei porti del Mediterraneo: dopo le edizioni siciliane, quindi, il Festival si sposta quest’anno in un altro luogo simbolo del bacino mediterraneo, in un periodo – a ridosso delle prossime elezioni europee – che consente un forte richiamo alla riflessione sull’Europa e il suo ruolo nel Mediterraneo.

Anche questa edizione, come le precedenti, sarà articolata in incontri internazionali e formazioni, che si alterneranno ad attività culturali, laboratori interattivi, musicali, teatrali, presentazioni di libri. Molto attese le esibizioni di artisti salentini come l’Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento Oles, il gruppo ska ed electro rock Apres La Classe, la “banda” di musica classica Cesare dell’Anna & Giro di Banda.

La presenza di rappresentanti della società civile delle due rive del Mediterraneo e di reti internazionali – Solidar, Migreurop, EuroMedRights, TNI, Attac Francia, Forum Civico Europeo, Attac Internazionale, il progetto Majalat, tra le altre – permetterà di continuare a ragionare sulla necessità urgente di una reale alternativa politica, culturale e sociale nel bacino del Mediterraneo, rimettendo in discussione alcuni pilastri promossi dalle istituzioni di tutta Europa, centrati sul controllo e la criminalizzazione dell’immigrazione, senza alcun interesse per i diritti delle persone e la giustizia sociale.

Novità di quest’anno saranno le “lezioni mediterranee”, che si svilupperanno come approfondimenti su temi specifici legati al Mediterraneo, la sua storia, le sue tradizioni e la sua cultura. Le lezioni saranno tenute da esperti e docenti nazionali ed internazionali delle due sponde.

Per la prima volta, inoltre, il Festival Sabir ospiterà il Mercato del Mediterraneo: in collaborazione con la Fondazione Slow Food per la biodiversità, produttori provenienti da Marocco, Algeria, Tunisia, Palestina ed Egitto esporranno prodotti di terra e di mare che fanno parte della cultura meticcia.

Il Festival è promosso dall’Arci insieme ad Acli, Caritas Italiana e Cgil con la collaborazione di Asgi, A Buon Diritto, Carta di Roma e i patrocini di Rai, Anci, Regione Puglia, Unisalento e Comune di Lecce.

PROIEZIONI UCCA

Aspettando il Biografilm

RASSEGNE

Biografilm School 2019, learn from the best lives!

Aperto il bando dedicato ai giovani tra i 18 e i 30 anni

Biografilm School è l’innovativo progetto di formazione promosso da Biografilm Festival – International Celebration of Lives (uno dei festival più importanti in Europa dedicati ai film documentari e di finzione) e rivolto a giovani dai 18 ai 30 anni.
Con questa proposta formativa Biografilm Festival vuole sostenere il talento e la creatività di 30 giovani offrendo, attraverso Biografilm School, uno spazio privilegiato dove: poter dialogare con grandi personalità del mondo del cinema, partecipare al festival da protagonisti e vederne i dietro le quinte, conoscere fasi e professioni dell’industria cinematografica, realizzare il daily-press ufficiale del festival, imparare a video-raccontare un grande evento, e grazie all’accredito gratuito che verrà consegnato ai partecipanti vedere i film selezionati al Biografilm Festival (7 -17 giugno). Biografilm School si svolgerà dal 3 al 16 giugno 2019, anticiperà come sempre il festival per poi viaggiare in parallelo con esso condividendone luoghi, eventi e ospiti. Nelle passate edizioni Biografilm School ha avuto l’onore di avere come maestri Francis Ford Coppola, Peter Greenaway, D. A. Pennebaker, Ed Lachman, Giuliano Montaldo, Nicolas Philibert, Matteo Garrone, Patricio Guzmán, Sabina Guzzanti, Roberto Minervini Luca Marinelli, Pierce Brosnan, Jaco Van Dormael, Piera Detassis, Valerio De Paolis, Silvio Soldini, Luca Bigazzi etc. che hanno regalato meravigliose lezioni di cinema ma anche di vita. Biografilm School è concepita come una esperienza a 360° nel mondo del cinema e della comunicazione e rivolta a chi è desideroso di formarsi in ambito cinematografico e vuole approfondire i meccanismi dell’industria cinematografica. Il percorso formativo proposto da Biografilm School si articola in 3 moduli:

-1) Le Masterclass: incontri/seminari e momenti unici con i registi, gli autori, gli artisti ospiti di Biografilm Festival. La particolare atmosfera e conformazione di Biografilm Festival, fa sì che le masterclass con i registi proseguano oltre la sala e la lezione frontale e si trasformino in chiacchierate informali e appassionate nei tanti spazi condivisi con gli ospiti internazionali, dal Biografilm Park, all’Area eventi, al Food district.

-2) Il Creative Content Lab: i partecipanti divisi in gruppi di lavoro si impegneranno ogni giorno nella realizzazione pratica di “contenuti creativi”. Si cimenteranno nella redazione del Daily Press ufficiale del Festival,(una pubblicazione quotidiana cartacea) che verrà distribuito a Bologna. Inoltre si occuperanno di “video raccontare” il festival: realizzando alcune clip giornaliere (per Instagram, il Canale youtube del Festival e la sala cinematografica): dalle interviste alle video- recensioni, fino ai Teaser, Trailer, “Virali”, Emotional, utilizzando anche app e risorse della rete.

-3) Percorsi di visione: gli studenti della School verranno forniti di uno speciale accredito che gli consentirà di vedere tutti i film, e di percorsi di visione per destreggiarsi tra gli oltre 100 titoli del Festival (anteprime di film che nei più importanti festival hanno raccolto successi, focus su grandi autori). Avranno inoltre la possibilità di accedere a eventi speciali come ad esempio il mercato dedicato ai professionisti del cinema, Bio to B – Doc & Biopic Business Meeting.

Biografilm School è rivolta ad un massimo di 30 partecipanti selezionati tramite valutazione delle lettere motivazionali e dei curricula inviati alla mail bioschool@biografilm.com. (Termine ultimo per l’invio: 20 maggio 2019). Sono previste tre borse di studio per giovani richiedenti asilo e rifugiati. Per chi non risiede a Bologna sono attive delle convenzioni per soggiornare in alcuni ostelli o alberghi della città. Tutte le info dettagliate e il form per candidarsi alla pagina: www.biografilm.it/2019/biografilm-school o scrivendo a bioschool@biografilm.com.

Proiezioni No Rogo 2019

Proiezioni No Rogo

I film in occasione della ricorrenza del 10 maggio

The poetess
Stefanie Brockhaus, Andy Wolff

Arci Trieste h. 20:00
Via del bosco, 17/b
Trieste
12 maggio 2019

Circolo Mistero Buffo h. 21:00
Via Pennisi, 25
Acireale (CT)
12 maggio 2019

Spazio Labus – Kinetta h. 21:00
Reading di poesie scelte a cura di Millelibri
video di Kinetta, voce di Francesca Mazzoni e basi musicali di Massimo Varchione
Piazza Orsini, 1
Benevento
09 maggio 2019

Arci Gramigna h. 21:00
Via Adige, 34
Bari
11 maggio 2019

Arci Kirikù h. 21:00
Piazza Ferdinando II di Borbone, 14
Bitonto (BA)
09 maggio 2019

Arci Kino h. 21:00
Via Gramsci, 71
Pieve di Cento (BO)
23 maggio 2019

Regarding Susan Sontag
Nancy D. Kates

Circolo Babelica h. 21:00
all’interno di Rockin’ Jersey – Percorso di letteratura americana
Via Gramsci, 71
Torino
28 maggio 2019

Arci Kino h. 21:00
Via Gramsci, 71
Pieve di Cento (BO)
16 maggio 2019

Casa del Popolo di Bosa h. 21:00
Via Efisio Cugia,12
Bosa (OR)
10 maggio 2019

La seconda vita dei film

di Roberto Roversi

Presidente nazionale UCCA

La seconda vita dei film

INTRODUZIONE

Quando, ormai otto anni fa, Ucca ideò e iniziò a realizzare questa rassegna itinerante, lo fece con uno scopo ben preciso: dare una seconda possibilità a documentari svisti, o programmati brevemente solo nelle città metropolitane, nonostante i riconoscimenti dei festival internazionali e le recensioni positive della stampa specializzata. Certo, l’elevato costo delle copie in pellicola era un ostacolo alla diffusione massiva delle opere, ma le distribuzioni assicuravano che, con l’imminente passaggio al digitale, si sarebbero aperte ampie praterie per la multiprogrammazione, anche di opere indipendenti. Inutile dire che le cose sono andate diversamente: i contenuti di nicchia hanno trovato sempre meno spazio in sala e L’Italia che non si vede rappresenta oggi spesso la prima vita di un film, quando non addirittura l’unica

Allargando lo sguardo all’intera produzione italiana del 2018, non si intravedono segnali incoraggianti. Se assumiamo che le opere medie siano più sintomatiche dei capolavori, quanto meno per definire lo stato di salute di un’industria creativa come quella cinematografica, è impossibile non notare come la commedia, da sempre il cuore pulsante della filmografia nazionale, continui a dare segni di stanchezza, con modeste performance al box office e una diffusa sensazione di disaffezione del pubblico di riferimento di fronte a prodotti ripetitivi e stereotipati. Lo stesso cinema d’autore, che pure non ha mancato di sorprendere con opere di assoluto valore (ci limitiamo qui a citare Dogman e Lazzaro felice, entrambi premiati a Cannes), sembra legato al lavoro di poche personalità eccentriche e fuori dal coro: siamo insomma ben lontani da una rinascita del cinema italiano, quanto piuttosto di fronte a felici eccezioni alla regola imperante della standardizzazione anche del prodotto ‘di qualità’. Né ci conforta l’analisi dell’intero mercato theatrical nazionale: nel periodo gennaio – ottobre 2018 siamo costretti a registrare una nuova flessione del 7% rispetto allo stesso periodo di riferimento dell’anno precedente. Un dato che, sommato alla brusca contrazione del 2017, fa segnare un calo complessivo che supera il 20% sia in termini di presenze che di incassi: in sostanza, in due anni, abbiamo perso uno spettatore su 5, con pesanti ricadute su un esercizio già stremato. Nell’attesa messianica che la Legge Cinema vada a regime, nella filiera industriale iniziano a percepirsi sinistri scricchiolii che mettono a repentaglio la tenuta dell’intero comparto. Nell’indifferenza generale, cui farà seguito il consueto rimpallo di responsabilità.

Una nota di ottimismo ci viene invece dalla vitalità del cinema del reale, tornato a confrontarsi con i grandi temi sociali che attraversano il Paese e a farsi esplicitamente e orgogliosamente politico. Ed è proprio da questi piccoli, straordinari film che è composta un’edizione di alto profilo de L’Italia che non si vede, che presenta opere invitate ai principali festival internazionali: ben 4 provengono dalla selezione ufficiale della 75^ Mostra del Cinema di Venezia, 2 da Locarno, una dalla Berlinale e una da Cannes, premiata quale miglior documentario del Festival.

Le tematiche, anche quando si rifanno al passato, hanno la caratteristica dell’urgenza e della necessità, figlie di una temperie sociale e culturale che sta imbarbarendo il discorso pubblico del Paese. È il caso dell’inquietante rigurgito razzista che sta alimentando l’ondata di odio rivolta agli esseri più indifesi della società. 1938: Quando scoprimmo di non essere più italiani ci racconta una delle pagine più oscure della nostra storia, ad ottanta anni dalle leggi razziali. E non solo le storie degli ebrei perseguitati, ma anche quelle dei persecutori che approfittarono con entusiasmo della situazione, per finire con uno sguardo allarmato all’avanzata dei movimenti neofascisti di oggi. Analizza invece il periodo ’68-’78 Ora e sempre riprendiamoci la vita, nel quale Silvano Agosti utilizza rari documenti di repertorio per rappresentare le lotte e le conquiste ottenute in quel decennio, contestualizzate anche grazie a preziose interviste a Bernardo Bertolucci, Massimo Cacciari, Dario Fo, Franca Rame, Bruno Trentin e tanti altri intellettuali e politici dell’epoca.

Ancora il ’68 fa da sfondo all’incredibile storia raccontata da Wilma Labate in Arrivederci Saigon, in cui una giovanissima band femminile della provincia toscana, allettata da un improbabile tour in Estremo Oriente, si ritrova con sorpresa e sbigottimento a suonare per tre mesi in basi sperdute del Sud Vietnam per intrattenere le truppe americane in mezzo ai bombardamenti.

Il dramma delle migrazioni e la tragedia che si consuma quotidianamente nel Mediterraneo sono i temi al centro di Iuventa, l’opera di Michele Cinque che documenta il progetto umanitario della ONG Jugend Rettet, animato dallo slancio utopico di un gruppo di giovanissimi tedeschi, dalla prima missione al sequestro della nave con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Una barca è al centro anche de Il clan dei ricciai: quella di Gesuino, disposto ad offrire una possibilità di riscatto agli ex-detenuti cagliaritani, assunti come pescatori per integrarsi nuovamente nella comunità. Il film descrive una vecchia malavita che sta scomparendo, i cui protagonisti raccontano le difficoltà dentro e fuori dal carcere e il loro rapporto coi valori della strada.

Con Le cicale seguiamo invece gli sfratti che colpiscono la parte più fragile dei cittadini romani, gli anziani che versano in difficoltà economiche. Un viaggio intimo nella vita di persone con pensioni risibili, costrette a lottare ancora per sopravvivere di fronte a uno stato sociale sempre più incapace di garantire a tutti una serena ‘età del riposo’. Altri film puntano invece l’attenzione su dolorosi, e irrisolti, conflitti internazionali, allargando il focus della rassegna all’Iraq e alla Striscia di Gaza.

È il caso di Isis Tomorrow, che si sofferma sulle ‘anime perdute di Mosul’, cioè sui figli e le vedove dei combattenti del Califfato. E in particolare sui bambini, facili da indottrinare all’ideologia di Daesh, che ora vivono confinati in campi profughi, avvolti in una spirale di odio, e costituiscono una polveriera pronta ad esplodere nuovamente. Con La strada dei Samouni Stefano Savona ritorna a Gaza dopo che, nel gennaio 2009, l’operazione militare israeliana ‘Piombo fuso’ aveva provocato il massacro di 29 componenti di una famiglia di contadini. Con l’ausilio delle preziose animazioni di Simone Massi, il regista testimonia come i sopravvissuti ricominciano a guardare il futuro, ricostruendo le loro case, il loro quartiere, la loro memoria.

La rassegna sconfina nella fiction con Zen sul ghiaccio sottile, dolente coming of age dell’esordiente Margherita Ferri su un’adolescente inquieta e ombrosa in cerca della propria identità di genere, in una piccola comunità dell’Appennino emiliano che la esclude e la discrimina.

Sono invece le periferie urbane a fare da sfondo a due tra le migliori opere prime della stagione. La terra dell’abbastanza ci ricorda quanto sia facile l’assuefazione al male: un incidente stradale spalanca inaspettatamente a due ragazzi la via alla criminalità organizzata e ai soldi facili. Ma proprio quell’evento casuale li costringerà a prendere inesorabilmente la direzione sbagliata.

Un giorno all’improvviso la vita ti si rovescia contro, ci ricorda Ciro D’Emilio nel suo intenso film d’esordio, in cui un ragazzo costretto a crescere troppo in fretta si prende cura della madre psicologicamente instabile, ossessionata dall’idea di ricostruire l’unità famigliare spezzata dall’abbandono del padre. Un racconto di formazione amaro, senza sconti.

In Sembra mio figlio Costanza Quatriglio racconta la storia del difficile ricongiungimento tra una madre e il figlio, costretto a scappare dall’Afghanistan quando era ancora un bambino a causa delle persecuzione dei talebani ai danni della sua gente, il popolo Hazara. Un accorato apologo sui popoli sradicati, fuggiti da guerre insensate.

Lovers Film Festival: premio Ucca a Normal

FESTIVAL

Lovers Film Festival: premio Ucca a Normal

Adele Tulli premiata al festival torinese

Il documentario prodotto da FilmAffair è risultato vincitore del concorso internazionale di documentari “Real Lovers”, la cui giuria è composta da Bartholomew Sammut, Hamilton Santià e Luca Paladini.

La motivazione (fonte loversff.com)

Un documentario fuori dagli schemi e visivamente audace che riflette su come il genere definisca il nostro agire quotidiano, influenzandone gesti, desideri, comportamenti e aspirazioni. Un viaggio tra le dinamiche e gli stereotipi di genere nell’Italia di oggi, raccontate attraverso un mosaico di scene di vita quotidiana. In palestra come in spiaggia, in discoteca, in chiesa, in un parco giochi o al centro estetico: il film osserva le coreografie dei corpi, i rituali sociali per ognuno dei generi nei contesti più ordinari e familiari. Un caleidoscopio di situazioni di volta in volta curiose, tenere, grottesche, legate dal racconto di quella che siamo soliti chiamare normalità, mostrata però da angoli e visuali spiazzanti. Con uno sguardo insieme intimo ed estraniante, il film esplora la messa in scena collettiva dell’universo maschile e femminile, proponendo una riflessione – lucida e provvista di ironia – sull’impatto che ha sulle nostre vite la costruzione sociale dei generi.

Arrivederci Saigon

L’ITALIA CHE NON SI VEDE 2018

ARRIVEDERCI SAIGON

di Wilma Labate

Cinque giovani ragazze, armate di strumenti musicali e voglia di cantare, partono dalla provincia toscana per una tournée in Estremo Oriente. Sognano il successo, ma si ritrovano in guerra. È il 1968 e la guerra è quella vera del Vietnam. Dopo cinquant’anni Le Stars raccontano la loro avventura tra soldati americani, basi sperdute nella giungla e musica soul.

Il commento di Wilma Labate

«É il 1968 e mentre in Italia i giovani occupano le scuole, rinnegano l’autorità di una famiglia patriarcale, rivoluzionano i costumi governati dalla Chiesa e decidono di essere soggetti politici, cinque ragazzine della provincia toscana imparano il soul insieme ai soldati afroamericani in Vietnam. Ancora un altro ’68, tra i tanti, a distanza di cinquant’anni. La sfida è quella di raccontare la Storia con lo sguardo delle protagoniste poco più che adolescenti, riaprendo un capitolo tra i più conflittuali del Novecento con la memoria e la leggerezza di una esperienza incredibile che ha segnato per sempre la loro vita».