Iuventa

L’ITALIA CHE NON SI VEDE 2018

IUVENTA

di Michele Cinque

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Il film racconta gli eventi di un anno cruciale della vita di un gruppo di giovani europei, tutti con differenti ruoli impegnati nel progetto umanitario della ONG Jugend Rettet: dal primo viaggio della nave Iuventa nel Mediterraneo fino alle pesanti accuse che oltre un anno dopo hanno portato al sequestro preventivo della nave nell’ambito di un’indagine sull’immigrazione clandestina.

L’obiettivo della ONG dalla sua formazione è sempre stato quello di dimostrare che un programma di salvataggio nel Mediterraneo è non solo necessario ma anche un dovere morale dell’Europa: i giovani di Jugend Rettet non hanno mai pensato di rappresentare niente di più che una soluzione temporanea al vuoto lasciato dall’Europa all’indomani della chiusura di Mare Nostrum.

La narrazione del film è costruita dalla partenza dal porto di Malta al ritorno della nave al porto della Valletta dopo 15 giorni in mare in cui sono state salvate oltre 2000 persone. Dopo la prima missione il film ci porta a Berlino e in Italia dove il futuro di Jugend Rettet viene messo in discussione.

“La prima volta che ho sentito parlare della Iuventa è stato nella tarda primavera del 2016 quando Jugend Rettet, fondata nel 2015 dal diciannovenne Jakob Schoen e da alcuni suoi coetanei di Berlino, ha lanciato pubblicamente il suo programma di azioni. Agli inizi di giugno del 2016 la Iuventa (originariamente un peschereccio di circa 30 metri convertito in nave di salvataggio) ha lasciato il porto di Emden in Germania alla volta di Malta da cui sarebbero di li a poco partite le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Immediatamente sono stato colpito dalla storia, percependo la sua importanza sia da un punto di vista simbolico che reale. Erano già presenti tutti gli elementi chiave: la giovanissima età dei protagonisti, lo slancio utopico che li aveva spinti a lanciarsi in questa impresa, il desiderio di cambiare il mondo e una grande forza di volontà che, come era prevedibile, li avrebbe portati a un certo punto a scontrarsi con la durezza della realtà” (Michele Cinque)

Sembra mio figlio

L’ITALIA CHE NON SI VEDE 2018

SEMBRA MIO FIGLIO

di Costanza Quatriglio

Scappato dall’Afghanistan quando era ancora un bambino, Ismail vive in Europa con il fratello Hassan. La madre, che non ha mai smesso di attendere notizie dei suoi figli, oggi non lo riconosce.

Dopo diverse e inquiete telefonate, Ismail andrà incontro al destino della sua famiglia facendo i conti con l’insensatezza della guerra e con la storia della sua gente, il popolo Hazara.

«Un figlio si rivolge alla madre creduta morta fino a quel momento, ma lei non lo riconosce. Da quell’istante una forza misteriosa lo porta alla ricerca del modo per ricongiungersi a lei. Il corpo di Ismail, la mitezza del suo viso, la sua voce sospesa tra gli angoli più angusti dell’Europa, ci conducono in un altrove che ci appartiene molto di più di quanto siamo disposti a immaginare: dall’evocazione di posti lontani nel tempo e nello spazio a una concretezza fatta di carne e sangue, il film viaggia alla ricerca di risposte che non esistono; ad esistere è la possibilità, per Ismail, di prendersi la parola, quella parola negata perché nessuno, fino a quel momento, l’ha ascoltata. Nella lingua madre riconosciamo la lingua del mondo, della pietà antica che non ha patria né paese né confini né frontiere» (Costanza Quatriglio)

Zen – Sul ghiaccio sottile

L’ITALIA CHE NON SI VEDE 2018

ZEN – SUL GHIACCIO SOTTILE

di Margherita Ferri

Maia, detta Zen, è una sedicenne irrequieta e solitaria che vive in un piccolo paese dell’Appennino emiliano. È l’unica femmina della squadra di hockey locale e i suoi compagni non perdono occasione di bullizzarla per il suo essere maschiaccio. Quando Vanessa – l’intrigante e confusa fidanzata di un giocatore della squadra – scappa di casa e si nasconde nel rifugio della madre di Maia, tra le due nasce un legame e Maia riesce per la prima volta a confidare i dubbi sulla propria identità di genere. Entrambe spinte dal bisogno di uscire dai ruoli che la piccola comunità le ha forzate a interpretare, Maia e Vanessa iniziano così un percorso alla ricerca della propria identità e sessualità, liquide e inquiete come solo l’adolescenza sa essere.

Zen sul ghiaccio sottile è una storia di formazione, che segue il percorso emotivo di Maia, detta Zen: un’adolescente in cerca della propria identità di genere, per questo incompresa e bullizzata dai propri coetanei. Come regista, mi è sempre interessato dare vita e centralità a personaggi che vivono ai margini delle proprie comunità. Il film infatti racconta il disagio e le lotte che deve affrontare chi non si conforma ai ruoli di genere e all’eteronormatività imposta dalla nostra società.
Ho cercato di raccontare la storia di Maia giustapponendo le sue emozioni al paesaggio dell’Appennino emiliano, bellissimo e dimenticato. Ho voluto esplorare la relazione tra la “produzione del paesaggio” e l’identità di chi vive quei territori, lavorando sull’idea di “paesaggio emotivo”: uno strumento per stimolare lo spettatore visivamente e accompagnarlo nella dimensione più profonda dei personaggi”. 
(Margherita Ferri)

Il clan dei ricciai

L’ITALIA CHE NON SI VEDE 2018

IL CLAN DEI RICCIAI

di Pietro Mereu

Il Clan dei ricciai” è la storia di un gruppo di pescatori di Cagliari che hanno avuto problemi con la giustizia in passato. Il boss di questo clan è Gesuino Banchero, disposto a dare un’altra occasione a questi uomini, offrendo loro la possibilità di condurre la propria vita in modo onesto e aiutandoli ad integrarsi nuovamente nella comunità.

 “Nel “Clan dei Ricciai” i protagonisti sono dei sopravvissuti alla galera: alcuni da questa esperienza sono usciti distrutti psicologicamente e fisicamente, altri ne hanno fatto un punto di forza. Il comune denominatore di tutti i protagonisti è l’essere nati in contesti sociali difficili, ed essere esponenti di una vecchia malavita cagliaritana che ormai sta scomparendo. Raccontano di codici di rispetto che ormai nessuno applica più, parlano il gergo del carcere cagliaritano, hanno sulla pelle tatuaggi che riportano inequivocabilmente all’ambiente carcerario. Il lavoro dei ricciai nasce da persone che, uscendo dal carcere, si trovano senza lavoro e prendendo una barca si mettono a pescare ricci e altri frutti di mare, un’occasione di riscatto e sostentamento che è diventata una tradizione storica nella città di Cagliari. Le famiglie di provenienza dei protagonisti sono violente, difficili, poco presenti, per cui il carcere diventa un rito obbligatorio e di passaggio per avere un biglietto da visita nel mondo criminale che è quello che regna in questi quartieri. Gesuino, rispetto agli altri, frequenta anche la buona società cagliaritana e definisce la sua barca ”Un ponte” tra il mondo della strada e della criminalità e il mondo rispettabile dei colletti bianchi. Attraverso il lavoro ha trovato un riscatto, e aiuta centinaia di persone del suo quartiere”. (Pietro Mereu)

SOS Gatto

SOS Gatto

SOS Gatto

di Rob Fruchtman e Steven Lawrence

Anno: 2018

Paese: USA

Durata: 86'

Al centro di “SOS Gatto” c’è una domanda che molti di noi si pongono: che cosa faresti se incontrassi un animale affamato o ferito? Per Sassee, Claire, Tara e Stu, tutti professionisti a tempo pieno che vivono a Brooklyn, la risposta è chiara: lo devo aiutare. All’inizio nessuno di loro sapeva cosa fare, ma presto hanno imparato i trucchi del mestiere e, nonostante lo shock, hanno scoperto che il problema era molto più grande di quanto immaginassero: sono almeno 500.000 i gatti abbandonati e selvatici nelle strade di New York e la città si impegna solo marginalmente per affrontare il problema. Il film segue Sassee, Claire, Tara e Stu giorno e notte mentre pattugliano le strade, i cortili e i vicoli di Brooklyn per salvare i felini. Nel corso del film, prendiamo atto della straordinaria abilità, resilienza e dello humor di questi appassionati eroi urbani che portano avanti un lavoro impegnativo, e di come questo lavoro abbia cambiato le loro vite.

Le sorelle di Marija

Le sorelle di Marija

Le sorelle di Marija

di Robert Ryan (III)

Anno: 2018

Paese: USA

Durata: 87'

La città californiana di Merced è la casa di una comune di suore chiamate le Sorelle della Valle. Costoro hanno un allevamento di cannabis che usano a scopo medicinale o estetico, realizzando prodotti che vendono on line. Non appartengono a nessun ordine religioso e agiscono nel rispetto di Madre Terra, osservandone le fasi lunari e stagionali. Indipendenti, dal 2016 sono considerate alla stregua di criminali per via di una legge che vieta la coltivazione e la vendita della cannabis.

In ogni istante

In ogni istante

In ogni istante

di Nicolas Philibert

Anno: 2018

Paese: Francia, Giappone

Durata: 105'

Ogni anno decine di migliaia di individui decidono di studiare per diventare infermieri. Ammessi all’Istituto di Formazione di Scienze Infermieristiche, dedicheranno il loro tempo a corsi teorici, esercitazioni pratiche e stage sul campo. Per loro, si tratta di un viaggio intenso e difficile durante il quale dovranno acquisire conoscenza, mostrare padronanza di fondamentali gesti tecnici e assumersi pesanti responsabilità.

Garry Winogrand – Tutto è fotografabile

Garry Winogrand – Tutto è fotografabile

Garry Winogrand – Tutto è fotografabile

di Sasha Waters Freyer

Anno: 2018

Paese: USA

Durata: 91'

Garry Winogrand è uno dei più grandi narratori dell’America per immagini grazie agli scatti raccolti in oltre trent’anni. Dopo la sua morte è stato dimenticato in fretta ma viene comunque ritenuto uno dei maestri dell’estetica istantanea.

John McEnroe – L’impero della perfezione

John McEnroe - L'impero della perfezione

John McEnroe - L'impero della perfezione

di Julien Faraut

Anno: 2018

Paese: Francia

Durata: 91'

John McEnroe – L’impero della perfezione di Julien Faraut è uno straordinario, avvincente, ipnotico e stratificato film/saggio sul cinema e sul tennis. Sul cinema sportivo; sul gesto tecnico e atletico; su un microcosmo fatto di terra rossa. E su un campione probabilmente irripetibile: John McEnroe. Faraut smonta e rimonta idee e intuizioni di Jean-Luc Godard, Serge Daney e Gil de Kermadec per ricomporre tassello dopo tassello il mosaico McEnroe. Fino all’ultimo pezzo, quello mancante. La pantomima in bianco e nero divertente e in origine involontaria che apre John McEnroe – L’impero della perfezione (John McEnroe: In the Realm of Perfection), poi rovesciata dal colore, dai gesti e dalle gesta di McEnroe e dall’esaltante crescendo musicale, ci svela limiti e illusioni dello sport e del cinema, architettando fin dai primi fotogrammi un lungo percorso speculare e stratificato fatto di citazioni, analisi, decostruzioni e ricostruzioni, fertili paralleli e continue mise en abyme. E così, bazinianamente, non possiamo che porci la prima domanda: che cos’è John McEnroe – L’impero della perfezione?
Un saggio teorico. Un documentario. Un biopic. Un film sportivo. Si muovono lungo diverse direttrici Julien Faraut e il suo film, figlio e debitore dell’esperienza godardiana, delle riflessioni di Serge Daney, del certosino lavoro di Gil de Kermadec. E del talento di John McEnroe, di quella classe cristallina che i ralenti tramutano in estasi.
Alla fine, sciolto dalle citazioni illustri, cadenzato da Mozart o dai Ramones, John McEnroe – L’impero della perfezione è un film sportivo che racconta e si racconta: nel ripercorrere l’anno d’oro di McEnroe, omaggiando sia il campione sia l’uomo, Faraut rende parallelamente onore al mastodontico lavoro di Gil de Kermadec, tennista e cineasta che ha consacrato la sua attività allo studio del gioco del tennis, e ci mostra il dietro le quinte, il making of della preziosissima pellicola didattica Roland Garros 1985 avec John McEnroe. Un film di focalizzazioni che si inseguono e si sovrappongono: i gesti tecnici di McEnroe e la loro messa in scena, scomposizione, analisi, ricostruzione in (una primitiva ma efficace) computer grafica. Film nel film, metacinema, metasport, un caleidoscopio di mirabilie.