L’amore come desiderio, ossessione, traguardo impossibile. È questa la Cina che ci racconta il regista Lou Ye. La donna del fiume – Suzhou River è un film del 2000, portato adesso in sala da Wanted Cinema nella versione restaurata che avevamo visto a Berlino. Il risultato è di grande effetto.
Lou Ye conosce il cinema occidentale, ma lo reinventa col suo tocco personalissimo. Come altri cineasti della sesta generazione, si concentra sul lato nascosto dell’Oriente. Si sofferma sulla povertà, sui sentimenti che implodono, sul disincanto di una società che vede un futuro fatto di ombre.
Al centro c’è il fiume, e tramite il suo scorrere prendono vita storie, miti, leggende. L’incedere delle chiatte e le sirene ci riportano a L’Atalante, a Jean Vigo. Gli scambi dei volti, il ritorno di vecchie passioni che si pensavano finite per sempre, è invece un omaggio a La donna che visse due volte. Ma Suzhou River non è un gioco cinefilo. È un flusso di coscienza, un viaggio nel cuore di tenebra, dove al posto della foresta ci sono enormi strutture di cemento che sembrano poter crollare da un momento all’altro.